Cos’è un intarsio?
L’intarsio dentale, chiamato anche restauro indiretto, è un manufatto utilizzato per ricreare una parte di dente che, per vari motivi come traumi o carie, non è più presente.
Questo tipo di soluzione può essere adottata nei denti posteriori, quindi per premolari e molari.
L’intarsio viene realizzato in laboratorio e, successivamente, applicato sulla superficie dentale residua mediante una tecnica di cementazione.
Per inserire un intarsio sono necessarie un paio di sedute.
Nella prima, avranno luogo poche fasi, che si possono riassumere nel seguente flusso:
- isolare con diga di gomma gli elementi da trattare;
- rimuovere la carie (se presente) o i precedenti restauri, in modo da avere una superficie perfettamente sana;
- mordenzare la cavità;
- creare uno strato ibrido con primer e bonding;
- eseguire il build-up, ovvero applicare del composito flow al fine di eliminare eventuali sottosquadri;
- preparare la cavità con delle apposite frese;
- rilevare l’impronta con la cavità ben asciutta;
- applicare un restauro provvisorio, che in genere è una resina acrilica poi fotopolimerizzata;
L’impronta viene poi inviata all’odontotecnico per realizzare l’intarsio in laboratorio.
Nella seconda seduta, l’intarsio verrà provato sul dente e, se la calzata risulterà corretta, verrà cementato in modo definitivo.
Che tipi di intarsi esistono?
Di solito, sono utilizzati intarsi di due tipi: l’intarsio in ceramica e l’intarsio in composito. La differenza dipende dal materiale da cui essi sono formati.
Il primo ha una miglior estetica e una buona resistenza all’abrasione, motivi per cui in genere viene scelto per ripristinare completamente la parete vestibolare di un elemento dentale.
Il secondo, invece, ha un’ottima continuità con le pareti del dente restaurato perché viene cementato con un materiale resinoso fluido composito. Questo rende la zona di passaggio dente-intarsio molto naturale e permette un’abrasione omogenea dell’area trattata nel tempo.
Esiste però anche un’altra classificazione, determinata in base alla grandezza degli intarsi, ovvero relazionata a quanta superficie dentale questi vanno a ricoprire.
Ne riconosciamo 3 categorie: inlay, onlay e overlay [1].
L’inlay è un restauro dentale indiretto che riproduce un’area interna alle cuspidi, l’onlay riveste una o più cuspidi, mentre l’overlay copre tutta la parte occlusale rimanendo sopragengivale.
In generale, si possono perciò individuare due vantaggi principali nell’uso dell’intarsio:
- Consente di recuperare la funzione masticatoria degli elementi e li protegge ripristinando anche la funzione estetica.
- Garantisce resistenza e durabilità al dente e, in particolare quelli in composito, può essere facilmente modellabile.
Quali alternative esistono all’intarsio?
Le alternative all’intarsio sono l’otturazione e la corona.
La scelta, tra i due manufatti, dipende dalla quantità di dente da ricostruire. Se questa è molto ampia, infatti, si tende a escludere la semplice otturazione perché risulterebbe funzionalmente inadatta.
L’intarsio può essere considerato perciò come uno step intermedio tra l’otturazione e la corona: se il dente presenta una parte mancante importante, ma le pareti sono intatte, allora l’intarsio può risultare indicato.
La corona, invece, spesso viene scelta quando il dente ha una struttura che è molto compromessa, e quindi una semplice ricostruzione diretta o indiretta non darebbe garanzia di longevità all’elemento dentale.
In conclusione, l’intarsio risulta essere una valida scelta in caso di restauro di un dente che non è eccessivamente compromesso a livello strutturale. Il ridotto sacrificio biologico rispetto alle preparazioni per una corona dentale, la resistenza nel tempo, e la ridotta usura, permettono di considerarlo un’opzione valida e spesso indicata.
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Fonti:
[1] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36187858/